“Il coach si impegna ad osservare il Codice Etico ICF, allegato al presente contratto.”
Questa è la frase di chiusura dei contratti di coaching che stipulo con i miei clienti, siano essi nell’ambito del Life Coaching o del Business Coaching.
È una frase di circostanza o di sostanza? E se è di sostanza, perché è così importante il Codice Etico?
Nelle professioni di aiuto come la psicoterapia, o di supporto come il coaching, il rapporto con il cliente è molto delicato.
Mi spiego meglio.
L'ingrediente essenziale affinché il processo abbia efficacia e porti beneficio al cliente è la fiducia nel professionista. Se il coach è competente la fiducia nasce e cresce in breve tempo, basta anche un solo incontro. A volte, anzi, nasce ancora prima di incontrare il coach, quando il cliente ci viene in contatto attraverso video online, podcast, blog, ecc., e si fa l’idea che questa persona sia proprio il professionista che fa al suo caso. E poi nel tempo, progressivamente, la fiducia cresce e si consolida. Questo ingrediente è essenziale perché permette alla persona una totale libertà di espressione e di apertura nei confronti del professionista, prerequisito affinché il coaching funzioni.
La fiducia può essere un potente attivatore o un potente anestetizzante.
Questo fattore, però, espone al contempo il cliente alla vulnerabilità. Il cliente, potenzialmente, si potrebbe ritrovare a fare o a sperimentare delle cose "indotte" dal professionista ma sulle quali ha di fatto perso la capacità critica in favore proprio della fiducia accordatagli. La fiducia può essere un potente attivatore o un potente anestetizzante. Il cliente questo non lo sa fintanto che non sperimenta gli effetti positivi o negativi del lavoro fatto con il professionista.
La relazione professionale, infatti, è prima di tutto una relazione umana e in quanto tale è sottoposta a una serie di pressioni di diverso tipo: dinamiche emotive, affettive, di potere…
Ora, la relazione professionale è sottoposta a molte spinte diverse ed è facile che se non gestita dal coach nel modo più tecnico e professionale possibile possa "sfuggire di mano". La relazione professionale, infatti, è prima di tutto una relazione umana e in quanto tale è sottoposta a una serie di pressioni di diverso tipo: dinamiche emotive, affettive, di potere… e tutto il repertorio dei rapporti umani. In sintesi, stiamo parlando di possibilità, per l’essere umano coach, di manipolare un altro essere umano che è il cliente. O anche il contrario: anche il cliente, infatti, può mettere in atto inconsapevolmente dinamiche di manipolazione nei confronti del coach.
Come si fa a gestire la relazione professionalmente?
Anzitutto il coach è una persona preparata, con esperienza e appartenente ad un’associazione professionale di comprovata validità. Secondo poi, il coach per poter appartenere all’associazione professionale deve sottoscrivere l’aderenza ad un codice. Ora, se la professione è un ordine professionale, questo codice si chiama Codice Deontologico. Se invece la professione non ha un ordine professionale, come nel caso del coaching, questo codice si chiama Codice Etico.
In che cosa consistono i codici etico e deontologico?
Sono un insieme di regole che vanno rigorosamente osservate e che definiscono come bisogna comportarsi in determinate situazioni che possono compromettere la relazione professionale.
E quando non vengono osservate dal professionista?
Anzitutto il cliente può sapere quando il coach non sta osservando il proprio Codice Etico, perché il coach lo condivide (in formato elettronico, via mail) con lui all'inizio del percorso. E il cliente può così segnalare il comportamento non etico del proprio coach alla sua associazione professionale. La segnalazione la può fare anche un collega coach se viene a conoscenza di un comportamento non etico.
Le sanzioni sono di due tipi: è prevista l’ammonizione, e se la trasgressione è reiterata o grave, l’estromissione del professionista dall’associazione di appartenenza o la radiazione dal proprio ordine professionale e l’interdizione all’esercizio della professione.
La trasgressione del Codice Etico incide enormemente sull’efficacia del coaching. Non si tratta solo di una questione morale.
Ma attenzione: codice etico e deontologico non sono strumenti solamente morali, ma hanno una funzione assolutamente tecnica. Significa che la trasgressione non è solo di ordine morale, ma anche tecnico. Significa che la trasgressione incide enormemente sull’efficacia della prestazione professionale. Questo significa che il cliente non solo ne ha un danno personale ma anche economico, perché sta pagando qualcos’altro rispetto al valore che si era prefissato di ottenere.
A questo punto faccio degli esempi pratici per essere più chiaro rispetto al tema di cui sto parlando.
Qual è il confine tra fiducia, conoscenza, amicizia, professionalità? Coach e cliente possono andare a prendersi una birra al termine della sessione? Il coach può accettare regali dal cliente? Il coach può raccontare ad altre persone (amici, colleghi, manager, ecc.) quello che il cliente racconta in sessione?
Come si deve comportare il coach?
Ecco in supporto il Codice Etico.
“Escludo ogni forma di coinvolgimento sessuale o sentimentale con Clienti o Sponsor. Sono sempre attento a mantenere un livello di intimità appropriato per la relazione. Qualora non lo fosse prendo le misure adeguate a risolvere il problema o annullare l'incarico.”
Questo standard etico ci dice che il livello di intimità appropriato per la relazione è essenziale per l’efficacia del coaching. Ed è quindi raccomandato al coach di monitorare e mantenere confini chiari. I confini chiari sono quelli per cui il cliente vede la relazione di coaching esclusivamente come finalizzata al coaching e non ad altro. Prendersi una birra assieme sposta la relazione verso un’area amicale e crea confusione. Con gli amici non ci si comporta come quando si fa coaching. Sono due cose diverse. E la stessa regola si può applicare ai regali, ad esempio.
“Mantengo i più rigorosi livelli di riservatezza con tutte le parti come concordato. Sono a conoscenza e accetto di rispettare tutte le leggi applicabili in materia di dati personali e comunicazioni.”
“Spiego e mi assicuro prima o durante l’incontro iniziale, che il mio/miei cliente/i di coaching e Sponsor comprendano la natura ed il valore potenziale del coaching, le condizioni e i limiti della riservatezza, gli accordi finanziari, ed ogni altro termine previsto dall’accordo di coaching.”
La riservatezza è sacra, perché è la base della fiducia tra coach e cliente. E se viene meno la fiducia, viene meno il processo. Il rapporto di coaching, così come tutte le informazioni (scritte o verbali) che il cliente condivide con il coach nell'ambito di questo rapporto, sono tutelati dalla riservatezza prevista dal Codice Etico ICF. Inoltre, il coach è tenuto a rispettare la normativa sulla tutela della privacy e dei dati personali del cliente (GDPR).
Questo è il motivo per cui il Codice Etico ICF contiene anche uno standard che raccomanda di chiarire a tutti gli interessati (ad esempio in azienda) che la riservatezza è fondamentale e verrà mantenuta in ogni situazione, anche quando l’amministratore delegato in persona ci chiede un’informazione sul contenuto delle sessioni.
Personalmente osservo e sottoscrivo sia il Codice Deontologico dell'Ordine degli Psicologi, sia il Codice Etico dell'International Coach Federation.
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