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Differenze tra coaching, consulenza, formazione e mentoring

Aggiornamento: 23 ott 2021


Ciascuna di queste discipline ha un suo campo di applicazione specifico. Vediamo quali sono le differenze.


Per spiegarle parto da un esempio di vita quotidiana che tutti hanno sperimentato almeno una volta nella vita, o hanno conosciuto persone che si trovavano in questa situazione.


L'esempio è il peso corporeo, che nel senso comune si trasforma automaticamente nel pensiero “devo seguire una dieta”.


Ammettiamo che per qualche motivo ci venga il desiderio di migliorare la nostra salute e che quindi noi si stia pensando di farlo riducendo il peso. Mettiamo il caso che stiamo pensando di farlo attraverso una dieta alimentare.


Il consulente ci fa descrivere il problema, trova la soluzione più corretta secondo le sue conoscenze e esperienze. Può eseguirla lui o delegare a noi l'esecuzione.

Presumibilmente, a meno di non essere esperti del ramo (nutrizionista, dietista, medico, ecc.) abbiamo bisogno di conoscenze e competenze che non abbiamo. I professionisti studiano per questo. Conoscono la fisiologia, le malattie, la digestione, gli alimenti, le tabelle nutrizionali, come si combinano fra di loro, l’indice glicemico degli alimenti, ecc. Un mucchio di cose. E allora decidiamo di chiedere a un consulente. Cosa fa il consulente? Ci fa entrare nel suo studio, ci fa descrivere il problema, trova la soluzione che la sua competenza gli suggerisce essere quella più giusta per noi e ci delega l'esecuzione della soluzione lasciando alle nostre capacità la corretta esecuzione.


L’etimologia della parola consulenza è proprio “consiglio”.

Da questo momento se la dieta fallisce è perché sicuramente abbiamo seguito male le istruzioni. La consulenza si basa sul principio che il consulente conosce la soluzione e che va solo messa in pratica. La consulenza presuppone che ci sia un esperto che fa la consulenza ad una persona che non ne sa e che non è necessario diventi esperta in materia, deve solo seguire le istruzioni.

Il consulente in questione è il dietologo, il nutrizionista o uno specialista in qualche branca della medicina (ad esempio un diabetologo). L’etimologia della parola consulenza è proprio “consiglio”.


Ecco, fonte è la parola chiave: da una fontana l'acqua travasa e va a riempire un bacino. La fontana è il formatore, il bacino è l’allievo.

Se invece voglio io stesso acquisire le competenze in materia, ossia diventare un esperto di diete per eventualmente essere in grado di cambiare qualcosa, comporla io stesso o altro, allora ho bisogno di un trasferimento di nozioni da qualcuno che conosce la materia o è in grado di insegnarmela. In questo caso andrò ad un corso specifico, o studierò dei libri, o andrò a cercare altre fonti. Ecco, fonte è la parola chiave: da una fontana l'acqua travasa e va a riempire un bacino. La fontana è il formatore, il bacino è l’allievo.

Il formatore, quindi, non dà una soluzione precostituita e basta, ma rende edotto il cliente e lo eleva in modo tale da padroneggiare egli stesso la materia (ad un certo livello che va dal basico, all'esperto). Il consulente di prima, ad esempio, per padroneggiare la materia ha dovuto fare anch'egli un percorso di formazione durato occhio e croce almeno 20-25 anni (se conto anche gli anni fino alle scuole superiori).


Se poi il formatore in questione mi suggerisce anche le soluzioni migliori sulla base della sua esperienza sul campo e mi segue per un periodo definito su obiettivi di sviluppo specifici, allora questo è mentoring.

Se poi il formatore in questione mi suggerisce anche le soluzioni migliori sulla base della sua esperienza sul campo e mi segue per un periodo definito su obiettivi di sviluppo specifici, allora questo è mentoring. Ad esempio, potrebbe dirmi "evita la dieta a zona, tutti i miei pazienti la odiano. Molto efficace per ottenere questi risultati è invece il digiuno a intermittenza..." (faccio degli esempi scusandomi in anticipo con chi ne capisce veramente di questo tema).


Disclaimer: consulenza, formazione e mentoring sono servizi differenti dal coaching. Tutti sono utilissimi allo stesso modo se fruiti nelle giuste condizioni. Sono inutili allo stesso modo quando fruiti nelle condizioni sbagliate. Qualche esempio:

- non serve fare coaching quando le conoscenze sul tema sono a zero: ad un manager che sia a zero conoscenze sul tema della gestione dei collaboratori è utile la formazione

- non serve il coaching nel caso di un intervento urgente: ad esempio se ho bisogno di intervenire in maniera rapida sulla mia alimentazione per evitare danni o peggioramenti immediati e non ho idea da dove partire, non serve il coaching, serve la consulenza;

- non serve il coaching quando ho bisogno di un lungo addestramento incrementale: se nella mia carriera di atleta agonista ho bisogno di incrementare costantemente le mie performance serve un mentore che mi segua (l’allenatore è di fatto un mentore), non un coach. Il coach può affiancare il mentore in alcuni tratti del percorso e su obiettivi specifici.


Ci stiamo avvicinando al caso in cui serve il coaching. Eccolo.

Riprendendo il nostro primo esempio della dieta, facciamo conto di aver iniziato a seguire le istruzioni della dieta ma che ci accorgiamo che è più difficile del previsto. In mezzo ci si mette lo stress a complicare la nostra tenuta e a fiaccare la nostra motivazione. E quella sera con gli amici è stato impossibile essere ligi... E va bene, ma un piccolo dolce ce lo possiamo anche permettere, no? Che sarà mai… E in men che non si dica crolla tutto, motivazione, tenuta, ecc. Senza troppo sforzo. Questa la prima volta.

Allora decidiamo di diventare esperti e ricominciamo la dieta con più determinazione di prima. Questa volta abbiamo acquisito le nozioni e siamo padroni della materia. Ma anche stavolta, arrivato ad un certo punto, crolla tutto di nuovo, sempre senza accorgercene più di tanto. E a questo punto la motivazione si sgretola...

Allora proviamo con un mentore: quando siamo a colloquio con lui gli chiediamo "ma tu come fai ad essere ferreo e a tenere per settimane lo stesso regime alimentare?" e lui mi dispensa il suo consiglio: “Distraiti... limita le uscite con gli amici... pensa che poi stai male... ecc.”.

Ma niente, neanche questo funziona.


Quando ci vuole un salto di qualità nella gestione di sé stessi, della motivazione, delle emozioni, del comportamento, dei pensieri, allora il coaching è lo strumento giusto.

Ci vuole un salto di qualità. Ma in che cosa? Ecco, ci vuole un salto di qualità nella gestione di sé stessi, della motivazione, delle emozioni, del comportamento, dei pensieri. Serve un cambio di mentalità (noi lo chiamiamo mindset). Serve un salto in merito alla propria responsabilità personale. Entriamo nel territorio del comportamento, del quale territorio i massimi esperti sulla faccia della terra udite udite... siamo proprio noi stessi. Noi siamo il massimo esperto del territorio del nostro comportamento. Dove per esperto si intende anche il massimo responsabile. Anche se non conosciamo i meccanismi scientifici dietro il nostro comportamento è pur vero che siamo noi a viverlo, a vederci da dentro, a sapere quello che nessuno sa. E se non lo decidiamo noi stessi cosa fare di noi, nessuno ce lo potrà dire. Ma dobbiamo arrivarci attraverso una riflessione fatta di domande scomode che spesso preferiamo non porci e fare finta di niente.


Obiettivo del coaching è allenare autonomia, responsabilità e padronanza di sé.

Si, perché qui non serve sapere come nasce il comportamento, quali sono i neurotrasmettitori, cosa succede nella mente, i motivi per cui non riusciamo a rimanere focalizzati sull'obiettivo. I perché non servono assolutamente a nulla, altrimenti i manuali potrebbero sostituire tranquillamente i professionisti. Serve riflessione su di sé e imparare dall'esperienza. Qual è l'obiettivo? Autonomia, responsabilità e padronanza di sé. E il coaching in questo si rivela un approccio efficace.


Non serve che ti dica quello che devi fare. Serve invece che tu stesso riesca a trovare una strategia e ad allenarti a metterla in pratica. Io come coach ti aiuto a farti le domande scomode che da solo non ti faresti mai, perché è faticoso, perché è fastidioso, perché non ci viene automatico farcele da soli. Ma non solo questo. Ti aiuto a rimanere focalizzato sul risultato desiderato. Ti guido nel trovare la motivazione giusta, sempre data dall'allineamento dei motivi, dei valori profondi, del vero sé. Ti aiuto ad espandere te stesso, a guadagnare in autenticità.


In più ti guido a rispettarti, a non giudicarti (il primo a non farlo sono io), a creare un'alleanza solida verso il risultato che desideri.


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