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Qual è la differenza tra "Coaching" e "Mental Coaching"?

Aggiornamento: 2 set 2023

Viva l’oro di Jacobson alle olimpiadi 2021 nei 100 m! Una grandissima emozione, bella, tutta da godere.


Grande Marcel!




Se non che un momento dopo l’oro inizio a leggere articoli giornalistici del tipo “Parla la mental coach: come ho sbloccato Marcel…” e simili. E da quel giorno tanti altri titoli sullo stesso piano.


Ma non basta: spunta un video ripreso con il cellulare dove si vede una intervista semiseria alla “mental coach” di Jacobs che racconta su cosa ritiene di aver lavorato e come ritiene di aver consentito al suo cliente di “sbloccarsi”.


E aggiunge anche “e adesso andiamo a prendere tempi ancora migliori”, dando ad intendere che senza il contributo del “mental coach” sarà difficile migliorare le prestazioni e soprattutto che questo rapporto con il suo cliente continuerà essendo la partnership dimostratasi vincente.


Di cosa sto parlando: dopo l'oro (intendo 10 minuti dopo) siamo venuti a sapere che Marcel sta facendo un percorso di “mental coaching” divenuto ormai di pubblico dominio, anche nei contenuti sui quali ha lavorato. In calce a questo articolo ho inserito i link alle fonti giornalistiche di cui parlo.


"I giornalisti su queste cose ci ricamano, amplificando la confusione. Ma loro fanno un altro mestiere. Io che sono coach e psicologo mi faccio delle domande."

Ora, da un lato come COACH PROFESSIONISTA (e come PSICOLOGO) sono letteralmente allibito.


I giornalisti su queste cose ci ricamano, amplificando la confusione. Ma loro fanno un altro mestiere. Io che sono coach e psicologo, invece, mi faccio delle domande.


Disclaimer: penso anche che nell’euforia del momento e a causa della gioia incontenibile possano essere state fatte alcune affermazioni che vanno al di là dei confini rigidi della professionalità. Assolutamente comprensibile. Ci metto anche il fatto che nel calderone mediatico le affermazioni ne escono sempre distorte e fuori contesto.


"Penso, dunque, che questo episodio possa essere un’opportunità per fare chiarezza su alcuni punti di possibile confusione tra “mental coaching”, coaching e psicoterapia."

Certo è, però, che queste affermazioni sono state fatte e che possono produrre confusione nella clientela potenziale relativamente alla disciplina del coaching professionale e della psicologia.


Penso, dunque, che questo episodio possa essere un’opportunità per fare chiarezza su alcuni punti di possibile confusione tra “mental coaching”, coaching e psicoterapia. E’ un tema cui tengo molto (vedi articolo sulle differenze tra coaching e psicoterapia).


La trasparenza è ciò che amo di più, che apprezzo di più in generale in tutti i professionisti e che per questo ritengo indispensabile dare ai miei clienti. Per questo voglio chiarire la mia posizione in merito.


Userò l’espressione “COACHING PROFESSIONALE” per indicare il modello di coaching tutelato da una associazione professionale riconosciuta e che rilascia ai soci le credenziali per esercitare la professione (Legge 4/2013).


Per la psicologia e la psicoterapia, invece, esiste l’Albo degli Psicologi, che ha un valore oltre che professionale, anche legale.


"La responsabilità e il merito dei risultati raggiunti è semplicemente del cliente."

Prima differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: GESTIONE DELLA PRIVACY.

La privacy per il coaching professionale, così come per la psicologia, è uno strumento di intervento irrinunciabile e non derogabile. Non può esserci coaching, né risultato di reale beneficio alla persona, senza privacy. Perché la privacy è ciò che permette al cliente di aprirsi completamente e creare un rapporto di fiducia completo, prerequisito per ottenere risultati.


La privacy è difesa sia dal codice deontologico degli psicologi, sia dal codice etico delle maggiori associazioni professionali di coaching (per approfondire vedi articolo su etica e coaching).


Un coach professionista o uno psicologo/psicoterapeuta, voglio chiarirlo con decisione a difesa delle categorie, non andrà mai a dire in giro “io sono il coach (o psicologo/psicoterapeuta) di… e abbiamo lavorato sul conflitto con il padre…”, anche se fosse il cliente a dare il consenso. Uno psicologo/psicoterapeuta verrebbe radiato dall’Albo (cui sono iscritto), un coach dalla propria associazione professionale (per lo meno così funziona ICF).


Seconda differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: EVIDENCED-BASED.

Qual è, dal punto di vista del modello teorico di riferimento, la relazione causale tra fare coaching e vincere una medaglia?


A cosa è dovuta questa che implicitamente è raccontata come evidenza che ha “sbloccato” il potenziale dell’atleta?


E se prendiamo per buona questa ipotesi, vale anche il discorso contrario? Cioè, quando invece si fa “mental coaching” e non si vince nulla vuol dire che il processo non sta funzionando come dovrebbe?


E ancora, qual è il fattore che veramente è stato decisivo per la vittoria? Le scarpe usate da Jacobs? Gli investimenti del CONI? La macchina del vento del professor Dal Monte? Il “mental coaching”? O altro? (Vedi link agli articoli).


Ecco, un coach professionista evita di fare affermazioni che non abbiano una solida base teorica comprovata e condivisa (evidenced-based). Ed evita di assumersi meriti o demeriti quando la responsabilità e il merito dei risultati raggiunti è semplicemente del cliente.


Terza differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: netta DIFFERENZIAZIONE tra COACHING e PSICOTERAPIA.

Quali sono le differenze tra “mental coaching” e psicoterapia? Che significato ha usare all’interno della tecnica del coaching espressioni del tipo “conflitto con il padre”? “Ansia”? Questi sono costrutti psicologici che appartengono alla psicologia, che usano legittimamente gli psicologi per le attività di abilitazione e riabilitazione psicologica (Legge 56 del 1989: Ordinamento della professione di Psicologo).


E cosa significa “sbloccare un conflitto”?


Dunque quando il "mental coach", come nel caso di Jacobs, afferma "abbiamo lavorato sul conflitto con il padre" che tipo di lavoro specifico sta facendo identificabile come "mental coaching"?


Questa, ad uno psicologo, suona come una attività di abilitazione/riabilitazione. Sicuramente non è questo il caso perché se così fosse si tratterebbe di abuso della professione psicologica, a meno che il coach non sia anche psicologo iscritto all’Albo e si accordi esplicitamente con il cliente su una attività di questo tipo e non di coaching (e non mi risulta che sia questo il caso).


Il Coaching professionale tiene in estrema considerazione la differenziazione tra coaching e psicologia. Un coach professionale è in grado di distinguere quando è richiesto l’intervento della psicologia per permettere al cliente di ritrovare il proprio benessere.


Questo genere di affermazioni fanno legittimamente venire il sospetto agli psicologi e agli psicoterapeuti che dietro il nome di "mental coaching" si nasconda la psicoterapia fatta senza averne le dovute competenze.


Quarta differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: chiarezza nella definizione dei MODELLI TEORICI di COACHING.

Qual è la differenza tra “mental coaching” e coaching? Esiste un aspetto “mental” che va differenziato da un aspetto “body”? Ha a che fare con la manipolazione mentale?


Beh, sembra che in attività come la PNL, l’ipnosi, il “problem solving strategico” la manipolazione sia un aspetto che ricorre nella tecnica.


L’idea di “mettere le mani nel punto giusto” (vedi link al video sotto) evoca l’idea di manipolazione, di “mago” che attraverso il suo agire cambia la mente a qualcuno.


Aspettativa desiderata, agognata dai clienti, ma purtroppo assolutamente irrealistica rispetto ai benefici a lungo termine.


Quinta differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: l’importanza dell’AUTONOMIA DEL CLIENTE.

Il coaching si differenzia per frequenza degli incontri (15-20 giorni l’uno dall’altro) e numerosità degli incontri (4-12 massimo) dalla maggior parte degli approcci psicoterapeutici.


Questo sia per evitare di innescare dinamiche di dipendenza, sia per evitare di innescare movimenti affettivi profondi, che invece nella tecnica psicoterapeutica sono incentivati (le dinamiche affettive profonde costituiscono l’oggetto del lavoro psicoterapeutico).


L’autonomia del cliente al termine del percorso è un risultato fondamentale.


Affermare che il cliente continua a fare un percorso sottintendendo che senza di noi non sarà in grado di raggiungere i risultati desiderati è il contrario del coaching. Per il coaching professionale autonomia e padronanza (autoefficacia) sono indicatori di successo di un percorso, non la dipendenza.


Sesta differenza tra coaching professionale e “mental coaching”: l’importanza della PARTNERSHIP con il CLIENTE.

Anteporre la parola “Mental” alla parola Coach conferisce un’aurea di prestigio che fa vendere di più. Intendiamoci, nulla di male nel vendere di più.


Se non che si rischia di impostare il rapporto con il cliente su uno degli errori professionali più grandi che un coach possa commettere: mettersi al centro dell’attenzione, togliendola al coachee.


Si, perché contribuisce ad alimentare la fantasia dei clienti che il “mental coach" abbia delle capacità e conoscenze particolari (tecniche) per “dominare la mente” e dare le soluzioni. Mi sento poco efficace? Il "mental coach" saprà dove mettere le mani per sbloccarmi…


Ecco perché sono contrario ad usare il termine "mental coaching" nel contesto italiano a cuor leggero: si rischia di squilibrare il rapporto di partnership, uno strumento fondamentale del coaching professionale.


La partnership c’è quando coach e cliente si sentono allo stesso livello, sono consapevoli di contribuire entrambi a costruire il successo del percorso, ci si sente alleati nella sfida. E la stella polare che guida il coach è il risultato della massima autonomia del cliente.


Mi fermo qui, per non dilungarmi ulteriormente. Invito i coach professionisti ad aggiungere commenti e ad integrare queste considerazioni, che dal mio punto di vista sono solo la punta dell’iceberg.


La professionalità è un tema fondamentale e mi sento di avviare questa discussione per trasparenza verso tutti i clienti del coaching e della psicologia/psicoterapia.


La psicologia e il coaching sono professioni serie e rigorose. Ottenere risultati è un lavoro che dipende dal rigore e dalla professionalità.


Dunque, ci tengo a sottolinearlo: non sono un “mental coach” e reputo questa nel contesto italiano una definizione di marketing senza un fondamento teorico solido (nel mondo anglosassone il termine identifica lo "sport coaching", cioè il coaching praticato con finalità sportive).


Di seguito il link agli articoli citati:






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